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SERGIO CARNEVALE: Morgan & Bluvertigo, Drum Club Dicembre 2003

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Nota.
view post Posted on 25/12/2009, 00:17




Barba folta, camicia e gilet - nerissimi come i suoi occhi - ed una cravatta cremisi che spicca su tutto: Sergio Carnevale mi attende nel backstage dell’ultima data milanese del tour itinerante Tora! Tora!, per discutere dell’ultima svolta stilistica messa in atto da Morgan, ispirata alla musica italiana e al cantautorato degli anni sessanta e settanta. Il mio obiettivo è anche quello di indagare sul passato e sulle ispirazioni artistiche del batterista, nonché di carpire da lui qualche informazione sul destino dei Bluvertigo: faranno altri album o si sono definitivamente sciolti? Sergio mi parla diretto ed a cuore aperto, così la nostra intervista si libera subito da ogni formalità e si trasforma in una piacevole chiacchierata tra amici…arricchita da un’interessante incursione del percussionista Pacho.


Dunque Sergio, questa nuova e particolare situazione live creata da Morgan per le sue “Canzoni dell’appartamento” è caratterizzata da un assembramento molto originale di strumentazione elettronica e vintage. In quanti siete sul palco?
SERGIO: In tutto siamo in sei: Morgan canta e suona sintetizzatori, basso e pianoforte a coda, io suono la batteria e Pacho le percussioni. Alle chitarre ci sono Marco Carusino e Giovanni Ferrario (Micevice): quest’ultimo suona anche il basso quando non se ne occupa Marco (alias Morgan, nda). Infine c’è MegaHertz, che è l’anima elettronica della band e suona le tastiere, i sintetizzatori ed il theremin. In alcuni concerti, quando è possibile, il palco ospita anche un’orchestra in versione ridotta: in questo modo i nostri brani si impreziosiscono e si avvicinano agli arrangiamenti dell’album che, ti ricordo, sono arricchiti dall’Orchestra Sinfonica di Foggia.

Proprio sul palco fai sfoggio di una bellissima Drum Sound con finitura personalizzata Ice Sparkle, munita di una cassa molto grande!
Si, la collaborazione con Luca Deorsola e Drum Sound dura ormai da qualche anno e mi trova sempre entusiasta. In particolare, per questa tournèe con Morgan avevo bisogno di una batteria che suonasse come quelle dei dischi degli anni settanta! Ebbene, sono riuscito ad ottenere un suono “vecchio” utilizzando questa batteria che in realtà è nuovissima!

E come ci sei riuscito?
Mi è bastato utilizzare dei semplici accorgimenti e scegliere le pelli giuste. La cassa, per esempio, ha un diametro di 26”x14” e monta una PowerStroke 3 come battente e una classica Ambassador come risonante. Avevo bisogno di un suono vintage, che fosse corposo ma senza troppo attacco, quindi ho lasciato la cassa vuota e senza stoppature, ma l’ho sordinata con le tipiche strisce di feltro che utilizzavano in quegli anni. Infine ho montato il classico battente tondo di feltro sul pedale ed il risultato è stato perfetto!

Che rullanti utilizzi?
Il rullante centrale è nuovo: è un 14”x5” in bronzo ed è stato realizzato appositamente da Drum Sound per questa situazione. Ha la particolarità di essere munito di alcuni plug-in su modello delle vecchie batterie, i quali, inseriti nel fusto e diversamente regolati, consentono di lavorare sul timbro del tamburo e modificarne il suono in maniera particolare. Sulla sinistra, invece, ho un classico Drum Sound 14”x5” in legno con l’accordatura della pelle sgonfia e poco tirata.


I piatti sono vintage?
No. La Mogar, che mi segue da qualche anno anche per l'hardware Tama, mi ha permesso di avere un contratto con la Zildjian. Quindi per questo tour ho scelto dei piatti con delle caratteristiche vintage: High Definition ride 22”, Costantinopoli Light Ride 20”, K Custom Dark Crash da 18” e 16”, uno Swish Knocker da 22”, Jungle Hats da 13”, uno Zilbell da 6” ed infine un Hand Hammered Gong da 40”! Solo l'hi hat é un vecchio e originale Zildjian da 14”, risalente agli anni '60.


(Mentre stiamo parlando sopraggiunge anche Pacho, il percussionista del gruppo: Sergio fa le dovute presentazioni ed io ne approfitto per rivolgergli qualche domanda…)

Bene Pacho, ho visto che sul palco anche il tuo set di percussioni è quanto mai originale…oltre alle classiche timbales, crash e gong vari, incorpora anche delle tubular bells, dei wood blocks ed addirittura un bidone!
PACHO: Esatto. Sono da sempre interessato allo studio dei rumori, nonché al colore ed agli effetti che essi possono conferire al tessuto musicale. Mi ispiro molto al grandissimo Nana Vasconcelos e soprattutto a Jamie Muir, percussionista geniale e folle dei primi King Crimson, che sul palco percuoteva lamiere e oggetti in metallo. Pensa che ad Amburgo fu arrestato mentre smontava il parafango di una Volkswagen perché secondo lui suonava bene!!

Si, circolano un sacco di aneddoti e di leggende su di lui…ma adesso che fine ha fatto?
PACHO: Bhè, in passato si è fatto monaco buddista, ha lavorato con John Wetton ed attualmente…sembra essersi dedicato completamente alla pittura!

Quali sono invece i tuoi trascorsi musicali?
PACHO: Innanzitutto devo ringraziare Tiziano Tononi, che è stato il mio insegnante e al quale devo tutta la mia carriera. Anche l’esperienza con Franco D’Andrea e il suo sestetto a Siena Jazz mi ha lasciato molto dal punto di vista formativo, mentre non posso fare a meno di ricordare due circostanze diverse ed entrambe cruciali: una con James Taylor e l’altra con la Biba Band. Difficili da dimenticare anche i due dischi e i due tour con la band rock dei Karma: infatti, anche se ho preso parte a contesti jazz, mi considero un musicista di estrazione essenzialmente rock.

Non a caso ora lavori con Morgan…quali sono state le premesse e le disposizioni per questa collaborazione?
PACHO: Pensa che tempo fa feci questa scommessa con mia moglie: un giorno suonerò con i Bluvertigo! Ed infatti…eccomi qua! (risate). L’esperienza con Morgan si è rivelata molto valida e soddisfacente dal punto di vista artistico. Sin dall’inizio è stato portato avanti un lavoro all’insegna della creatività e dell’ innovazione. Le disposizioni di Marco sono state chiare: riuscire a riunire il sapore pionieristico della ricerca degli anni sessanta con la tradizione europea della musica classica.

In pratica Beatles, orchestra e sperimentazione?
PACHO: Proprio così. Siamo passati dai tamburi ad acqua suonati in “Le ragioni delle piogge” al delirio di “Heaven in my cocktail”, in cui mi sono trovato a suonare delle talkin’ drums con una cinghia per pantaloni…il tutto senza un minimo di filologia!

Come ti sei trovato con Sergio?
PACHO: Con lui c’è un rapporto che dura da anni: pensa che siamo amici da quando eravamo due adolescenti…

SERGIO: Si, tra di noi c’è sempre stato un rapporto di confronto reciproco: Pacho mi ha dato molte dritte sulla tecnica e sull’impostazione della batteria. E’ stato un aiuto prezioso nella mia formazione da autodidatta!
(Fulminato da quest’ultima affermazione, torno a rivolgermi a Sergio Carnevale…)

Quindi non hai mai preso lezioni?
SERGIO: Sono completamente autodidatta, non ho mai preso lezioni, non leggo la musica e non ho mai avuto uno strumento tutto mio ed una saletta per studiare! Anche adesso l’unica batteria a mia disposizione è quella montata nello studio Officine Meccaniche di Mauro Pagani, nel quale hanno sempre registrato i Bluvertigo e nel quale nascono tutti i miei lavori.

Non l’avrei mai detto: il tuo approccio allo strumento è tutt’altro che disordinato. Personalmente, se dovessi riassumere il tuo stile batteristico in una parola, lo definirei “camaleontico”. Trovo incredibile come tu riesca a trovarti a tuo agio in ogni situazione musicale, passando dalla musica leggera all’elettronica e al rock più duro con assoluta - o ben mascherata - leggerezza.
Questa tua definizione mi piace e mi lusinga, ma ti assicuro che i miei studi sono fermi ai paradiddle! Se mi chiedi un paradiddle doppio non lo so fare! In realtà ho sempre curato il lato pratico ed emotivo del fare musica, cercando di adattarmi al contesto musicale attraverso l’intuizione e l’originalità. Ti confesso che spesso guardo alle scuole di musica come ad un qualcosa di imposto e di molto lontano dalla libera espressione artistica!

Quali sono state allora le tue influenze musicali?
Dal momento che la mia adolescenza ha coinciso con la famosa british invasion degli anni ottanta, sono cresciuto e mi sono allenato ascoltando ed accompagnando i dischi degli U2, dei Duran Duran e via dicendo…quindi i miti che mi hanno appassionato da giovane sono stati: Larry Mullen (U2), Steve Jansen (Japan), Lee Harris (Talk Talk) e, per forza di cose, Stewart Copeland dei Police.

E quali sono, secondo te, i batteristi recenti degni di nota?
Citerei sicuramente Chris Vrenna (Nine Inch Nails), Orri Pall Dyrason (Sigur Ros), Phil Selway (Radiohead), Dave Grohl e il suo batterista nei Foo Fighters Taylor Hawkins.

Hai mai consultato dei metodi o delle video didattiche?
In passato ho visto delle videocassette di Weckl e Colaiuta, che mi hanno solo annoiato a morte perché ho sempre detestato la fusion! Odio quel tipo di drumming perché non ci capisco niente, mi fa venire il mal di testa e non mi arriva al cuore: del resto fare i trentaduesimi con le dita dei piedi non è mai stato il mio obiettivo! (risate)

Quali sono state quindi le tue prime esperienze musicali?
Ho iniziato a quindici anni con il classico gruppo di amici che si ritrova a suonare in cantina. Dopo qualche anno abbiamo anche ottenuto un contratto con la RTI music, che ha pubblicato il nostro album.

Come vi chiamavate?
Il nome del gruppo era “Memorabilia” e facevamo un funky/rock alla Curiosity Kill The Cat.

Come hai conosciuto Morgan e come è iniziata la vostra collaborazione nei Bluvertigo?
Sono subentrato nei Bluvertigo alla vigilia della registrazione di “Acidi e Basi”, dapprima non come elemento ufficiale ma come gregario provvisorio…conoscevo Andy (il tastierista dei Bluvertigo, nda) perché entrambi frequentavamo la scuola d’ Arte, dove io studiavo architettura.

Avete cominciato con “Acidi e Basi”, poi è venuto “Metallo non Metallo” e alla fine “Zero”: sono questi gli album della trilogia chimica, nei quali i Bluvertigo hanno saputo miscelare elettronica, discomusic, pop, rock, progressive, psichedelia e quant’altro in una sorta di genere-non-genere (Morgan la definisce blob music). In pratica ti sei trovato a dover affrontare i più disparati generi musicali. Ma c’è un ambiente musicale che ritieni più tuo ed uno stile che ti è proprio?
La dimensione musicale che è più vicina al mio sentire è quella in cui posso esprimermi attraverso la massima libertà di tempo e di scelte. Per farti un esempio, il lavoro dei Bluvertigo negli studi di Mauro Pagani è stato condotto con la completa possibilità di sperimentazione, cosa che giovava alla freschezza delle composizioni e alla ricerca dei suoni. Per questo motivo mi ritengo quanto più distante dal batterismo esclusivamente tecnico che è proprio di alcuni turnisti anche italiani, i quali presentano uno stile omologato e privo di spessore che forse andava bene negli anni ottanta, ma che oggi è superato ed inutile! In questo senso penso che i miei pregi siano costituiti proprio dai miei limiti: il fatto di non essere un esecutore perfetto e macchinale ma un essere umano con i suoi limiti costituisce il mio essere particolare ed unico. Per questo motivo mi definisco più emotivo che cerebrale…

C’è un capitolo della trilogia chimica o un periodo della storia dei Bluvertigo che tu personalmente prediligi o nel quale ti sembra di aver dato il meglio di te stesso?
Si dice che le ultime cose fatte sono quelle che escono meglio, quindi a mio avviso quest’ultimo album con Morgan è stato quello in cui ho lavorato con maggiore espressione. Tuttavia ci sono dei momenti e dei brani di “Zero” e “Metallo non Metallo” a cui sono fortemente legato perché, come ti dicevo, hanno coinciso con delle scelte artistiche libere ma precise, che hanno contribuito alla mia formazione e al mio stile.

Le “Canzoni dell’appartamento” sono un’ulteriore conferma della tua versatilità stilistica. Sei passato dall’avanguardia propria dei Bluvertigo alla tradizione della canzone italiana: dalla musica del futuro a quella del passato!
E’ vero: i pezzi dei Bluvertigo erano generalmente tirati e potenti. Dal vivo suonavo con cassa e rullanti triggerati e si era sempre alla ricerca dell’effetto, tramite l'utilizzo di suoni elettronici, sintetici e digitali, insomma: era una sperimentazione sonora costante! In questa nuova situazione, invece, la sperimentazione diventa una ricerca sul suono tipico degli anni '60/'70 caratterizzato dal tocco leggero, dalle misure standard del periodo, dalle bacchette che colpiscono il centro della pelle…

Come hai lavorato a questa conversione? Ti sei studiato qualche batterista in particolare?
Ringo Starr docet! Ho ascoltato e studiato lo stile di Ginger Baker, Nick Mason e altri, ma devo dirti che Ringo resta il più grande: ho tentato di carpire quel suo stile particolare fatto di fill e passaggi che sembrano sconclusionati e quasi stupidi, ma che in realtà sono efficaci ed irresistibili. Puro sentimento della batteria!

Anche il tuo atteggiamento sul palco ed il tuo look hanno subito delle modifiche. I pezzi del nuovo repertorio sono più liberi ed aperti all’improvvisazione, sei più libero di muoverti sul tempo: non utilizzi più il click?
Utilizzo il click solo nel brano “Me”, perché c’è un delay sul pianoforte ed è richiesta la precisione; per gli altri pezzi invece regna una maggiore libertà di interpretazione. Questo live set è molto suonato e libero, aperto alle accelerazioni, alle imperfezioni e alle illuminazioni che rendono ogni esecuzione particolare e diversa da ogni altra!

Oltre a Morgan e ai Bluvertigo, ci sono altri progetti ai quali stai lavorando?
Sì, c’è un progetto parallelo molto interessante che si chiama QUITE, nato da un incontro con Matteo Dolla, musicista sperimentale e già fonico dei Bluvertigo, Taketo Gohara (musicista, programmatore e produttore giapponese) e Nicoletta Martino alla voce!! Fino a questo momento abbiamo prodotto l'ultimo disco di FIAMMA, intitolato “Contatto” e uscito per la Mescal, ed una colonna sonora per un’ installazione d'arte contemporanea di due giovani artisti, MASBEDO, intitolata 11.22.03 e nata da una collabrazione con Michel Houellebecq. Nel frattempo stiamo ultimando il nostro primo disco; per ogni informazione basta cliccare sul nostro sito www.quite-site.com!

Nel frattempo l’attività dei Bluvertigo è momentaneamente congelata. Di solito, quando il leader di una band scopre di aver gran successo come solista è molto difficile che torni indietro sui suoi passi. Parlando sinceramente, credi che i Bluvertigo faranno ancora qualcosa insieme?
Certamente! In realtà la fase di stand-by dei Bluvertigo doveva essere molto più breve perché l’album solista di Morgan è stato registrato quasi due anni fa e la tournèe doveva chiudersi quest’estate. Così non è stato, ma del resto Marco aveva assolutamente bisogno di sfogare questa sua vena passionale per il cantautorato degli anni sessanta. Comunque posso assicurarti che i Bluvertigo non si sono sciolti, anzi, torneranno molto presto con un nuovo album!

E che fine farà quest’altra formazione di musica anni sessanta?
Non è escluso, anzi, è molto probabile che in futuro si possa lavorare ad un secondo album di Morgan con questa formazione, magari un album di sole cover. Ma per ora la precedenza spetta ai Bluvertigo e ai Quite!

Fonte: http://www.webalice.it/le_duc80/DC_Intervi...luvertigo).html
 
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